martedì 11 novembre 2008

IL GIUDIZIO DI EINSTEIN SULLA TERMODINAMICA

"Una teoria è tanto più importante quanto maggiore è la semplicità delle sue premesse, quanto più diversi sono i tipi di cose che correla e quanto più esteso è il campo della sua applicabilità. Di qui, la profonda impressione che ho ricevuto dalla Termodinamica classica.
E' la sola teoria fisica di contenuto universale di cui sono convinto che nell'ambito di applicabilità dei suoi concetti di base non verrà mai superata."

INFORMAZIONI GENERALI

DESTINATARI
Istituto: I.P.S.I.A. – I.T.I.S.
Indirizzo: Meccanico
Classe: V
Materia: Macchine a fluido


TEMPI DI SVOLGIMENTO
Il modulo “Termodinamica” è il primo modulo che appartiene alla programmazione annuale relativa alla materia “Macchine a fluido”; pertanto viene affrontato all’inizio dell’anno scolastico e prevede un tempo di spiegazione pari a 11 ore.


PREREQUISITI

  • Riconoscere le unità di misura di calore, temperatura, pressione e volume massico.
  • Saper eseguire calcoli relativi alla trigonometria.
  • Saper eseguire le equivalenze fra le diverse scale termometriche.
  • Conoscere le definizioni di lavoro, energia e rendimento.
  • Saper eseguire i calcoli riguardanti gli scambi di calore dei corpi.
  • Conoscere le leggi dei gas, i particolare l’equazione di stato dei gas perfetti.

OBIETTIVI

  • Riconoscere le trasformazioni termodinamiche svolte da un sistema.
  • Saper rappresentare graficamente le trasformazioni nel diagramma (p,v).
  • Saper calcolare i valori relativi a pressione, temperatura, volume e grandezze derivate,
    conseguenti alle trasformazioni termodinamiche.
  • Saper applicare il primo principio della termodinamica alle trasformazioni termodinamiche.
  • Acquisire il significato e le implicazioni del primo principio della termodinamica.
  • Riconoscere i concetti di reversibilità e di irreversibilità.
  • Saper spiegare il ciclo di Carnot e saperne eseguire i calcoli relativi.
  • Acquisire le conoscenze riguardanti il secondo principio della termodinamica.
  • Acquisire il concetto di entalpia ed entropia.
  • Saper applicare le formule relative all’entropia e all’entalpia.


    CONTENUTI

MODULO: TERMODINAMICA

UNITA’ DIDATTICA 1: I SISTEMI TERMODINAMICI
1.1. I sistemi termodinamici
1.2. Le trasformazioni termodinamiche
1.3. L’equilibrio termodinamico
1.4. Il calore
1.5. Termostato o riserva di calore
1.6. L’energia interna
1.7. Il lavoro meccanico compiuto da un sistema termodinamico
1.8. Energia in transito: calore e lavoro
1.9. L’entalpia

UNITA’ DIDATTICA 2: LE TRASFORMAZIONI DEI GAS PERFETTI E IL PRIMO
PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
2.1. I principi termodinamici
2.2. Il principio zero
2.3. Il primo principio della termodinamica
2.4. Il differenziale esatto
2.5. I gas ideali
2.6. Applicazione del primo principio ai gas perfetti
2.7. L’energia interna di un gas perfetto
2.8. I calori specifici dei gas perfetti


UNITA’ DIDATTICA 3: IL SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
3.1. Il secondo principio della termodinamica
3.2. Enunciati di Clausius e di Kelvin
3.3. Il terzo principio della termodinamica
3.4. L’entropia
3.5. Energia ed entropia


UNITA’ DIDATTICA 4: I CICLI TERMODINAMICI
4.1. La macchina termica
4.2. I cicli termodinamici
4.3. Il ciclo di Carnot
4.4. Il ciclo di Otto (motore a scoppio)
4.5. Il ciclo del motore Diesel
4.6. Ciclo di una macchina frigorifera o pompa di calore
4.7. Le macchine termiche e il teorema di Carnot

ESERCIZI SVOLTI
· Esercizio 1
· Esercizio 2

INTRODUZIONE

La termodinamica è quella branca della fisica che descrive le trasformazioni subite da un sistema in seguito ad un processo di scambio di energia con altri sistemi o con l'ambiente esterno.
La termodinamica classica si basa sul concetto di sistema macroscopico, ovvero una porzione di materia fisicamente o concettualmente separata dall'ambiente esterno, che spesso per comodità si assume non perturbato dallo scambio di energia con il sistema. Lo stato di un sistema macroscopico che si trova all'equilibrio è specificato da grandezze dette variabili termodinamiche o di stato come la temperatura, la pressione, il volume, la composizione chimica.

UNITA' DIDATTICA 1: I SITEMI TERMODINAMICI


1.1. I Sistemi termodinamici
Si possono distinguere tra vari tipi di sistemi, in dipendenza dal modo di scambiare energia con l'esterno:
· sistemi isolati: non scambiano calore, materia, lavoro con l'esterno;
· sistemi chiusi: scambiano energia (calore, lavoro), ma non materia con l'esterno. Quando un sistema scambia calore, lavoro o entrambi, lo si può classificare in base alle proprietà del bordo:
o bordo adiabatico: non permette scambio di calore;
o bordo rigido: non permette scambio di lavoro
· sistemi aperti: permette scambio di energia e materia con l'esterno. Un contorno che permette scambio di materia è detto permeabile.

1.2. Le trasformazioni termodinamiche
Quando un sistema passa da uno stato di equilibrio ad un altro, si dice che avviene una trasformazione termodinamica: si distingue tra trasformazioni reversibili, ovvero quelle trasformazioni che consentono di essere ripercorse in senso inverso (si ritorna precisamente al punto di partenza, ripercorrendo all'indietro gli stessi passi dell'andata), e trasformazioni irreversibili, ovvero quelle trasformazioni che, se ripercorse all'indietro, non faranno ritornare al punto iniziale, ma ad uno diverso.

1.3. L’equilibrio termodinamico
Un sistema si dice in equilibrio termodinamico se, pur potendo eventualmente scambiare energia e materia con l’ambiente, i suoi parametri termodinamici non cambiano nel tempo. Affinché un sistema sia in equilibrio termodinamico è necessario che siano verificate simultaneamente le seguenti condizioni:
· Equilibrio meccanico: la forza esercitata dal sistema è la stessa in tutti i punti del sistema ed è equilibrata dalle forze esterne esercitate dall’ambiente.
· Equilibrio termico: la temperatura del sistema è la stessa in tutti i punti del sistema ed è uguale a quella dell’ambiente.
· Equilibrio chimico: struttura, composizione chimica e massa del sistema non cambiano.



La Termodinamica classica tratta solo stati di equilibrio, in essa non interviene mai la variabile tempo! Per questa ragione alcuni studiosi sostengono che la Termodinamica avrebbe dovuto essere denominata Termostatica.

1.4. Il calore
La storia della termodinamica non è legata a scoperte scientifiche, individuazione di leggi fisiche e principi, ma a tutta una serie di innovazioni tecnologiche che sfruttavano conoscenze empiriche sul calore. L'invenzione della macchina a vapore ed i successivi tentativi per migliorarne le prestazioni impongono alla fisica lo studio del calore con tutto quello che ne consegue.
Il calore è la forma macroscopica nella quale l'energia passa da un sistema fisico ad un altro unicamente a causa di differenze di temperatura.
Secondo l'interpretazione corrente, la temperatura di un sistema costituito da un grande numero di soggetti costituenti è in generale proporzionale all'energia media per soggetto: il corrispondente flusso di energia tra due sistemi a diversa temperatura è allora attribuibile alle innumerevoli interazioni (casuali e non controllabili) tra i soggetti costituenti i due sistemi. In ciascuna di tali interazioni, che di solito avvengono a coppie, l'energia dei soggetti interagenti si conserva complessivamente ma si ripartisce in modo da aumentare nei soggetti meno energetici e diminuire in quelli più energetici.
Si può prendere come corpo di riferimento una massa m di acqua e definire il calore assorbito o ceduto come:
Q = m∙ c∙ (t2 − t1)
dove t1 è la temperatura iniziale dell'acqua, t2 quella finale e c, detto calore specifico, assume un valore arbitrario nel caso dell'acqua. Quando m è misurata in grammi e t in gradi centigradi c viene posto pari a 1 e Q viene misurato in calorie, come se fosse una nuova grandezza fondamentale.
In quanto energia, il calore si misura nel Sistema Internazionale in joule. Nella pratica viene tuttavia ancora spesso usata come unità di misura la caloria. A volte si utilizzando anche unità a carattere tecnico quali kWh o BTU.
È importante ricordare che la temperatura non è assolutamente la misura del calore. Possono esistere corpi ad alto calore ma bassa temperatura o viceversa: per esempio uno spillo arroventato è un corpo a relativamente alta temperatura ma basso calore, mentre una bacinella di acqua tiepida è a bassa temperatura ma relativamente alto calore.
Alcune equivalenze:
· 1 cal = 4,186
J
· 1 Joule = 0,2388 cal
· 1 CAL = 1 kcal = 1000 cal



1.5. Il Termostato o riserva di calore
Dalla calorimetria è noto che più grande è la capacità termica di un sistema e minore è la sua variazione di temperatura per un dato flusso di calore.
Si chiama riserva di calore (o sorgente ideale di calore o termostato) un sistema a capacità termica infinitamente alta: si può ritenere che la temperatura di una riserva di calore non cambia per quanto grande possa essere il flusso di calore in uscita o in entrata.
Il concetto di riserva di calore è un’astrazione utilissima dal punto di vista teorico. Esempi di sistemi che possono ritenersi con buona approssimazione delle riserve di calore: l’atmosfera, un lago,l’oceano...


1.6. L’energia interna
È l'energia immagazzinata dalle particelle costituenti il corpo ed è quindi uguale all'energia totale (energia cinetica e energia potenziale, cioè di interazione reciproca) di tutte le molecole che costituiscono un corpo.
L’energia interna può essere accumulata come energia cinetica molecolare, energia vibrazionale delle molecole, energia di legame tra atomi….
L'energia interna di un sistema fisico dipende soltanto dalle condizioni in cui esso si trova e non, per esempio, dalla sua storia passata. Questa forma di energia può essere influenzata direttamente da un trasferimento di calore o dal lavoro fatto o subito dal sistema.
In termodinamica classica, l'energia interna è determinata soltanto dalle variabili termodinamiche, che sono necessarie e sufficienti a individuare lo stato del sistema. Per esempio:
· l'energia interna di un sistema formato da un unico fluido omogeneo è funzione di due qualunque delle tre variabili termodinamiche (p, V e T) che descrivono il sistema stesso.
· per un gas perfetto, l'energia interna dipende soltanto dalla temperatura del gas ed è uguale alla somma delle energie cinetiche di tutte le particelle.
· per un gas reale, invece, l'energia cinetica dipende da una sola grandezza, la temperatura, mentre il valore della sua energia potenziale è determinato dalle moltissime posizioni reciproche delle singole particelle.

1.7. Il lavoro meccanico compiuto da un sistema termodinamico
Il lavoro, come il calore, è un altro modo di trasmissione di energia fra sistema ed ambiente.
Il lavoro è l’energia trasferita dall’ambiente al sistema (o viceversa) a seguito di una modifica della configurazione, o della forma del sistema, causata da forze agenti sul sistema.In qualsiasi trasformazione termodinamica in cui viene eseguito un lavoro, questo, in ultima analisi, può essere ricondotto all’azione di una qualche forza. E’ però conveniente esprimere il lavoro in funzione delle variabili termodinamiche del sistema.
Esaminiamo il caso più semplice:
Calcoliamo il lavoro L compiuto da un gas contenuto in un cilindro con pistone mobile in una espansione isobara mentre il pistone (di area S) si solleva di una altezza h. Dalla definizione di lavoro si ottiene con semplici passaggi:
L = F∙h = p∙S∙h = p∙DV
avendo ricordato che la pressione p = F/S e avendo considerato che il prodotto S×h è la variazione di volume del gas. Abbiamo ottenuto il lavoro in funzione delle sole variabili termodinamiche.

La formula ottenuta L = p∙DV ha una semplice interpretazione nel diagramma pressione-volume. Il lavoro compiuto da un sistema durante una trasformazione isobara da uno stato iniziale (i) a uno stato finale (f) è uguale all'area del rettangolo indicato in figura, perché la base del rettangolo è DV e l'altezza è p.

Questo risultato è espressione di un fatto più generale: anche quando la pressione non rimane costante, il lavoro compiuto dal sistema nel corso di una trasformazione reversibile è uguale, in un diagramma pressione-volume, all'area delimitata dal grafico che rappresenta la trasformazione, dall'asse dei volumi e da due rette verticali passanti per gli estremi A e B della trasformazione.

Il lavoro è quindi associato a variazioni di volume. In generale, durante una trasformazione termodinamica il volume occupato dal gas può variare. Consideriamo il caso di un gas racchiuso in un cilindro con una parete mobile (pistone). Durante un'espansione (aumento del volume) il fluido compie un lavoro positivo (lavoro motore) sul pistone, perché deve sollevarlo vincendo la forza-peso del pistone stesso (e di eventuali altre forze). Al contrario durante una compressione lo spostamento del pistone avviene verso il basso mentre la forza con cui il gas agisce su di esso è rivolta verso l'alto. Di conseguenza il fluido compie un lavoro negativo sul pistone (lavoro resistente).

Quindi, nel corso di una espansione il lavoro è positivo, mentre durante una compressione il lavoro deve essere preso con il segno negativo. Si dice che un sistema esegue un lavoro positivo sull’ambiente tutte le volte che questo lavoro può essere utilizzato all'esterno (per esempio per sollevare un peso, per muovere una macchina ecc.). Il lavoro compiuto da un sistema inoltre dipende non solo dagli stati iniziali e finale ma anche dal percorso della trasformazione.

Infine si può dimostrare facilmente che il lavoro, fatto o subito, dal sistema nel corso di un ciclo è uguale all’area del ciclo. Esso è positivo se il ciclo viene percorso in senso orario e negativo se in senso antiorario.



1.8. Energia in transito: calore e lavoro
Un sistema non accumula calore, ma accumula energia interna!
Certe forme di energia non possono essere immagazzinate come tali in un sistema, esse esistono solo in transito fra sistema ed ambiente. Calore e lavoro sono le forme di energia che un sistema può scambiare con l’ambiente senza trasferimento di materia.
Ogni transito implica l’attraversamento di un confine, nel caso di L e Q esso è costituito dalla superficie di contorno del sistema.


Quantità di calore è l'energia trasferita da un corpo più caldo ad uno più freddo a seguito della differenza di temperatura senza che, necessariamente sia fatto del lavoro.


1.9. L’entalpia
Si definisce entalpia di un fluido la grandezza h intesa come somma fra l’energia interna U e il lavoro di pompaggio p∙v:
h = U + p∙v
L’unità di misura dell’entalpia è il J/kg.

Il collegamento che segue permette di conoscere le diverse forme di entalpia.

http://www.science.unitn.it/~fisica1/fisica1/appunti/termo/cap_4/cap_4_1_1.htm

UNITA' DIDATTICA 2: LE TRASFORMAZIONI DEI GAS PERFETTI E IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

2.1. I principi termodinamici
I principi della termodinamica vennero enunciati nel corso del XIX secolo e regolano le trasformazioni termodinamiche, il loro procedere, i loro limiti.
Si possono distinguere tre principi di base più un principio zero che definisce la temperatura, e che è implicito negli altri tre.

2.2. Il principio zero
Quando due sistemi interagenti sono in equilibrio, condividono alcune proprietà, che possono essere misurate dando loro un preciso valore numerico. In conseguenza, quando due sistemi sono in equilibrio con un terzo, sono in equilibrio tra loro e la proprietà condivisa è la temperatura. Il principio zero della termodinamica dice semplicemente che, se un corpo "A" è in equilibrio termico con un corpo "B", e "B" è in equilibrio termico con un corpo "C", "A" e "C" sono in equilibrio tra loro. Tale principio spiega il fatto che due corpi a temperature diverse, tra cui si scambia del calore, (n.b. anche se questo concetto non è presente nel principio zero) raggiungono la stessa temperatura. Nella formulazione cinetica della termodinamica, il principio zero rappresenta la tendenza a raggiungere un'energia cinetica media comune degli atomi e delle molecole dei corpi tra cui avviene scambio di calore: in media, come conseguenza degli urti delle particelle del corpo più caldo, mediamente più veloci, con le particelle del corpo più freddo, mediamente più lente, si avrà passaggio di energia dalle prime alle seconde, tendendo dunque ad uguagliare le temperature. L'efficienza dello scambio di energia determina i calori specifici dei materiali coinvolti.

2.3. Il primo principio della termodinamica
Il primo principio della termodinamica, detto anche “Legge di conservazione dell'energia”, è un assunto fondamentale da cui si diparte gran parte della teoria della termodinamica.
La sua formulazione fondamentale è:
ΔU = W − Q
Cioè, la variazione di energia interna U di un qualsiasi sistema, quindi anche di un uomo, di un reattore chimico o di un pianeta, corrisponde alla somma delle quantità di calore Q e lavoro W forniti al detto sistema. Q e W sono considerati riferiti al sistema, vale a dire con segno positivo quando calore o lavoro sono trasferiti al sistema, e segno negativo se estratti da esso.
L'equivalenza di calore e lavoro, oggi data per scontata, fu a lungo dibattuta all'alba della scienza. Si può dimostrare tuttavia molto banalmente sfregando le mani e sentendone il riscaldamento (lavoro calore), o osservando il coperchio di una pentola di acqua bollente che viene sollevato dalla pressione del vapore (calore lavoro).

2.4. Il differenziale esatto
Spesso il primo principio viene scritto in forma differenziale:
dU = δQ + δW
Il significato dell'uso di d e δ è spesso spiegato in maniera piuttosto intricata, usando la teoria dell'analisi matematica; in breve, d è un differenziale esatto, mentre δ non lo è.
Una spiegazione più adatta a un pubblico generale potrebbe introdurre il concetto di funzione di stato. Se caratterizziamo completamente un sistema, per esempio una pentola d'acqua salata per la pastasciutta a una certa temperatura e pressione, siamo in grado di stabilirne l'energia interna U, dato un opportuno riferimento. Il valore di U è sempre lo stesso per uno stesso stato del sistema (è indipendente quindi dal processo con cui si è raggiunto tale stato): U è una funzione di stato.
Stabiliamo questo riferimento, ad esempio, a 25°C e 1 atmosfera (più correttamente, nel Sistema Internazionale di Pesi e Misure, a 298,15 Kelvin e 101325 Pascal), e diamogli il valore 0.
Per far bollire l'acqua dobbiamo spostarci alla condizione di 100°C e 1 atmosfera. Abbiamo quindi due punti estremi, e tra questi possiamo stabilire il valore di Δ U*. Tuttavia, ci sono infiniti valori possibili per Q e W, e cioè tutti quelli che hanno come differenza Δ U*.
La maggior parte delle massaie userà Q* = Δ U* (il fornello) e W = 0 (il lavoro del mestolo è trascurabile), ma nulla ci vieta di installare un dispositivo ad alta velocità per riscaldare l'acqua per attrito. In questo modo, riuscendo ad evitare gli schizzi, otteniamo W* = Δ U* e Q* = 0. In questo semplice esempio abbiamo trascurato molte cose, tra cui che la pentola è un sistema aperto che cede vapore all'ambiente.
Il succo del concetto di differenziale esatto è che esso si riferisce a una variabile di stato, U, e non a variabili che di per sé non rappresentano un cambiamento dello stato del sistema: anche se forniamo lavoro a un sistema, questo non ci dice nulla sul nuovo stato del sistema senza avere informazioni sulla quantità di calore che il sistema ha scambiato. Per esempio, le pastiglie di un freno di un'auto di Formula 1 si riscaldano rapidamente quando viene effettuato lavoro su di loro sotto forma di attrito per rallentare la macchina, e allo stesso tempo vengono raffreddate dal passaggio dell'aria. La temperatura del freno è determinata sia dal lavoro svolto, che dal calore ceduto all'ambiente.

2.5. I gas ideali
La natura è spesso molto complessa da studiare, tanto che non è possibile descriverla in modo semplice e preciso. Per questo i fisici ricorrono a quelli che vengono chiamati modelli, ovvero a semplificazioni della realtà, che però conservano ancora le caratteristiche principali e fondamentali del fenomeno naturale.
In termodinamica, così come negli altri campi della fisica, vi sono molti modelli, ma quello più importante e fondamentale per la comprensione della materia è il gas perfetto o ideale.Questo gas ha alcune caratteristiche particolari:
· La massa gassosa è costituita da un numero enorme di particelle indistinguibili e, per una stessa specie chimica, identiche.
· Le particelle del gas sono immaginate come sferette rigide, indeformabili e di dimensioni trascurabili (particelle puntiformi).
· Le particelle si trovano in continuo e disordinato movimento (caos molecolare), sicché tutte le direzioni sono equiprobabili.
· Le forze di interazione fra le molecole si considerano nulle, quindi fra un urto ed il successivo il moto è rettilineo ed uniforme.
· Durante il loro moto, in uno spazio in gran parte vuoto, gli urti fra le particelle e le pareti del recipiente e fra le particelle stesse sono perfettamente elastici, per cui l'energia cinetica si conserva.
Nella realtà non esiste nessun gas di questo tipo, ma gli aeriformi reali possono approssimare bene questo modello in determinate condizioni. Ad esempio i cosiddetti gas nobili sono formati da elementi che non si combinano tra di loro nè con altri elementi, quindi sono formati da particelle piccolissime che non reagiscono tra loro. Se il gas è sufficientemente rarefatto allora le distanze tra le particelle sono così grandi che le forze di attrazione e repulsione tra le molecole sono pressoché inesistenti.
I gas reali, se molto compressi, possono però diventare liquidi, mentre per un gas perfetto non succede. Esiste però una temperatura, detta temperatura critica del gas, al di sopra della quale questo non può liquefare mai, nemmeno se compresso moltissimo.
Quindi, sebbene i gas reali non seguano perfettamente le leggi del gas ideale, queste sono delle buone approssimazioni anche per le situazioni naturali.
Le variabili macroscopiche che caratterizzano lo stato di un gas, quali pressione (P), volume (V) e temperatura (T), sono correlate per mezzo di relazioni empiriche.
Queste tre leggi possono essere combinate in un'unica utilissima equazione, che prende il nome di equazione di stato dei gas perfetti, e che può essere scritta nella forma:
P∙V = n∙ R∙T
dove n rappresenta il numero di moli di gas contenute nel campione e R è una costante universale, detta costante dei gas, la cui scoperta rappresentò una pietra miliare della scienza moderna.In alternativa l'equazione di stato può essere espressa dalla relazione(P1∙V1) / T1 = (P2 ∙V2) / T2
dove l'indice "1" si riferisce ai valori di pressione, volume e temperatura del gas a uno stadio della trasformazione, e l'indice "2" si riferisce a uno stadio successivo.
Se, ad esempio, si trova che il volume di un campione di idrogeno è di 100 cm cubi in condizioni di temperatura di 25 °C (298 K) e di pressione atmosferica pari a 97,0 kPa (kilopascal), si può ricorrere a questa equazione per calcolare quale sia il volume occupato dalla stessa quantità di gas in condizioni di temperatura e pressione standard (cioè 273,15 K e 101,325 kPA).
Per un gas ideale l’energia interna U dipende dalla sola temperatura.


2.6. Applicazione del primo principio ai gas perfetti
È possibile analizzare le trasformazioni termodinamiche di un gas perfetto alla luce di questo principio. Ognuna delle simulazioni seguenti riguardano una particolare trasformazione termodinamica. Il sistema analizzato è un cilindro chiuso alla sommità con un pistone libero di muoversi
2.6.1 La trasformazione isoterma.
In questo caso la temperatura del gas non varia e quindi nemmeno la sua energia interna. Possiamo quindi scrivere:
Q-L = 0
Q = L
Tutto il calore che viene fornito al sistema si converte completamente in calore e viceversa.

2.6.2. La trasformazione isocora
In questa trasformazione il volume resta costante, quindi il gas non compie nessun lavoro. Il primo principio diventa:
ΔU = Q
Tutto il calore che viene fornito al gas va a variare la sua energia interna e quindi la sua temperatura. Viceversa se il sistema cede calore, la sua energia interna diminuisce e quindi il gas si raffredda.

2.6.3. La trasformazione isobara
In questa situazione non vi è nessuna grandezza che si conservi: infatti il sistema compie o subisce lavoro, assorbe o cede calore e quindi la sua energia interna e la sua temperatura variano. In questo caso è però molto semplice calcolare il lavoro, che, come si può dimostrare, è dato dal prodotto tra la variazione di volume e la pressione:
L = p∙ΔV


2.6.4. La trasformazione adiabatica
Se il sistema è termodinamicamente isolato dall'ambiente, ossia se non vi sono scambi di calore con l'esterno, si può scrivere:
ΔU = -L
In questo caso tutto il lavoro compiuto dal gas va a discapito della sua energia interna.
Si può anche dimostrare che in una trasformazione adiabatica pressione e volume sono legati da una relazione esponenziale del tipo:
pVr = costante
dove g è definito come il rapporto tra il calore specifico a pressione costante e quello a volume costante.

2.7. L’energia interna di un gas perfetto
Ci proponiamo di ricavare una relazione che esprima la dipendenza dell’energia interna di un gas perfetto dalle variabili di stato. A tale scopo descriviamo un’esperienza dovuta a Joule chiamata espansione senza lavoro esterno.
Due recipienti A e B comunicanti mediante un rubinetto sono posti all’interno di un calorimetro. Nel primo recipiente si trova un gas alla pressione P, mentre nel secondo si pratica il vuoto: Il sistema è in equilibrio alla temperatura T. Aprendo il rubinetto si lascia espandere il gas finché la pressione raggiunge un nuovo valore di equilibrio P’. Attraverso il termometro inserito nel calorimetro si constata sperimentalmente che la temperatura è rimasta costante. Poiché in questa trasformazione non è stato fatto lavoro né scambiato calore con l’esterno, in base al primo principio DU=0 e quindi l’energia dello stato iniziale è uguale a quella dello stato finale.

Si conclude pertanto che nonostante siano cambiate pressione e volume, ma non la temperatura, l’energia interna è rimasta costante. L’energia interna perciò è una funzione della sola temperatura U=U(T).

2.8. I calori specifici dei gas perfetti
Il calore specifico di un corpo è la quantità di calore necessaria per aumentare di un grado la temperatura di un chilogrammo di quella sostanza. Questa definizione risulta incompleta per i gas dal momento che questi possono assorbire calore in due condizioni: a volume costante e a pressione costante. Nel secondo caso una parte del calore fornito serve per compiere del lavoro meccanico, sollevando il pistone e quindi non contribuisce ad aumentare la temperatura e, quindi, l'energia interna del gas.

Stabilito ciò, facciamo ricorso ad una trasformazione isocora (V=cost ) per determinare la variazione di energia interna al variare della temperatura. Poiché in un’isocora il lavoro L è uguale a zero, la variazione di energia interna ΔU è uguale al calore Q scambiato dal sistema e pertanto (ricordando la legge fondamentale della termologia):
ΔU = Q = m∙cv∙ΔT
Sostituendo al posto della massa (m) il prodotto del numero di moli (n) per la massa molecolare (mmol) e introducendo il calore molare a volume costante
Cv = mmol∙cv
la formula precedente diventa
ΔU = n∙Cv∙ΔT
Invece in una trasformazione isobara (P = cost), il lavoro è dato da
L = p∙ΔV
la variazione di energia interna DU da
ΔU = n∙Cv∙ΔT
e il calore scambiato Q da
Q = n∙Cp∙ΔT
dove il calore molare a pressione costante è definito da
Cp= mmol∙cp
Pertanto il primo principio della termodinamica diventa:
p∙ΔV+ n∙Cv∙ΔT= n∙Cp∙ΔT
Per i gas ideali dall'equazione di stato si ottiene
p∙ΔV = n∙R∙ΔT
quindi sostituendo e semplificando il numero di moli n, si ha
Cp=Cv + R
Quest’ultima, detta relazione di Mayer, mette in relazione i calori specifici a volume costante e a pressione costante per i gas perfetti.Questa relazione ci permette di valutare solo la differenza tra i calori specifici.La teoria cinetica ci consente di determinare, per un gas perfetto monoatomico, il calore specifico a volume costante, in quanto, per una mole di gas,
U = 3/2∙R∙T
e quindi
Cv = Q/ΔT = ΔU/ΔT = 3/2∙R
Poi semplicemente:
Cp = Cv + R = 3/2∙R + R = 5/2∙R

UNITA' DIDATTICA 3:IL SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

3.1. Il secondo principio della termodinamica
Il secondo principio della termodinamica è uno dei postulati su cui si basa la termodinamica classica.
Al contrario del primo principio e del principio zero questo postulato non descrive cosa il sistema può fare o come lo fa, ma stabilisce l’impossibilità di una certa classe di fenomeni.
Il primo principio della termodinamica non pone alcun limite alla conversione del lavoro in calore e viceversa. In un qualsiasi processo termodinamico è possibile avere come risultato la conversione del lavoro in calore come anche del calore in lavoro (conservazione dell'energia). È possibile convertire lavoro in calore senza alterare lo stato termodinamico del sistema, come negli esempi che seguono.
Nel primo, il sistema è costituito da un blocco che scivola su un piano con attrito, mentre la riserva di calore è rappresentata dall’aria.
Il lavoro della forza di attrito aumenta l'energia interna del blocco e, localmente, all’interno del piano di scorrimento c’è un aumento della temperatura del blocco e del piano.
Si sviluppa un flusso di calore dal blocco e dal piano verso l’aria dell’ambiente, senza comunque che la temperatura dell’aria cambi apprezzabilmente. Il sistema blocco-piano di scorrimento ritornano nello stato termodinamico iniziale.

Nel secondo esempio, invece, il sistema è costituito da un pendolo che oscilla nell’aria e si ferma a causa dell’attrito, mentre la riserva di calore è ancora rappresentata dall’aria.
Il lavoro della forza di attrito aumenta l'energia interna del pendolo e, quindi, anche la sua temperatura. Si sviluppa un flusso di calore dal pendolo verso l’aria dell’ambiente. La temperatura dell’aria non cambia apprezzabilmente.
Il lavoro è convertito integralmente in calore. Il sistema pendolo ritorna nello stato termodinamico iniziale.

Infine, nel terzo esempio il sistema è costituito da una resistenza elettrica, mentre la riserva di calore dall’acqua di un lago.
Il lavoro, di origine elettrica, aumenta l'energia interna, e quindi la temperatura, della resistenza elettrica.
Si produce un flusso di calore dalla resistenza all’acqua del lago. La temperatura del lago non cambia apprezzabilmente.
Il lavoro è convertito integralmente in calore. Le coordinate termodinamiche del sistema non subiscono alcuna variazione. La trasformazione del lavoro in calore può proseguire all’infinito.

Sono possibili le trasformazioni inverse a quelle sopra descritte?
Per quanto riguarda il primo principio la risposta dovrebbe essere affermativa: l'energia si conserva anche nei processi inversi ... che però nella realtà non si osservano mai!Bisogna quindi introdurre un altro principio, indipendente dal primo: è proprio il secondo principio che pone un'ulteriore condizione alle trasformazioni termodinamiche. Esistono diversi enunciati del secondo principio della termodinamica, tutti equivalenti, e ciascuna delle formulazioni ne mette in risalto un particolare aspetto.
Il secondo principio definisce una nuova funzione di stato: l'entropia. L'entropia si può pensare come la misura di quanto un sistema sia vicino allo stato di equilibrio, o in modo equivalente come la misura del grado di disordine di un sistema.
Il secondo principio afferma che l'entropia di un sistema isolato non può diminuire.Pertanto, quando un sistema isolato raggiunge una configurazione di massima entropia non può subire trasformazioni: ha raggiunto l'equilibrio.
A causa della sua validità universale, il secondo principio pone dei limiti a quello che può accadere in qualunque processo. A questo proposito è utile sottolineare come fra il primo e il secondo principio della Termodinamica, quello che governa il mondo, quello che stabilisce come devono andare le cose, quello che 'comanda' insomma, non è il principio di conservazione dell'energia, ma il principio di aumento dell'entropia. Infatti il secondo principio determina quali sono i processi che possono accadere, mentre il primo principio si 'limita' ad affermare che, all'interno di quei processi, il bilancio energetico deve andare in pareggio!


3.2. Enunciati di Clausius e di Kelvin
Il primo principio della termodinamica è un principio di conservazione dell'energia: sancisce semplicemente che, qualunque trasformazione subisca un sistema isolato, la sua energia totale deve rimanere costante. Non ci sono, dunque, nel primo principio, limitazioni relative alle trasformazioni da una forma di energia all'altra; in particolare nessuna limitazione è posta alle trasformazioni di lavoro in calore o di calore in lavoro, ne agli scambi di calore tra corpi. In realtà, mentre è sempre possibile trasformare il lavoro in calore (un corpo può sempre essere scaldato per attrito), il processo inverso è invece sottoposto a limitazioni. Se non fosse così allora sarebbe possibile utilizzare le sconfinate riserve di energia termica contenute negli oceani, nell'atmosfera, nelle acque dei laghi: questi si raffredderebbero (molto poco) e noi avremmo risolto tutti i nostri problemi energetici. Questo non è possibile. Così come non è possibile, senza spendere lavoro meccanico, trasferire calore da un corpo ad una certa temperatura ad un altro a temperatura più alta (cosicchè il corpo freddo si raffredderebbe ulteriormente e quello caldo si scalderebbe). Le due classi di fenomeni hanno evidentemente qualcosa in comune: entrambe indicano che le trasformazioni naturali hanno una direzione preferenziale (il lavoro si trasforma spontaneamente in calore, il calore fluisce spontaneamente dai corpi caldi a quelli freddi). Verso la metà dell'Ottocento, questa "constatazione sperimentale" portò a due fondamentali formulazioni del secondo principio della termodinamica.3.2.1. Enunciato di Lord Kelvin (Kelvin-Planck)
"E' impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia una trasformazione in lavoro di calore tratto da una sorgente a temperatura uniforme".

Attenzione alle parole "unico risultato". Se infatti consideriamo l'espansione isoterma di un gas perfetto, si ha che tutto il calore prelevato dalla sorgente calda si trasforma in lavoro (variazione dell'energia interna = 0, quindi Q=L, per il I principio).
Tuttavia questo non è l'unico risultato dal momento che il gas ha cambiato volume, quindi il postulato di Kelvin è salvo.


3.2.2. Enunciato di Clausius
"E' impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia un passaggio di calore da un corpo a una data temperatura a un altro a temperatura più alta".

Anche qui non sono messe a caso le parole "unico risultato".
I due enunciati sembrano "enunciare" cose diverse, tuttavia, come abbiamo già notato, hanno qualcosa in comune, anzi, si può dimostrare che sono del tutto equivalenti.


3.3. Il terzo principio della termodinamica
E’ strettamente legato al secondo, è in alcuni casi è considerato come una conseguenza di quest’ultimo. Può essere enunciato dicendo che è impossibile raggiungere lo zero assoluto con un numero finito di trasformazioni e fornisce una precisa definizione della grandezza chiamata entropia.

3.4. L’entropia
In termodinamica l'entropia è una funzione di stato che si introduce insieme al secondo principio della termodinamica e che viene interpretata come una misura del disordine di un sistema fisico o più in generale dell'universo. In base a questa definizione possiamo dire che quando un sistema passa da uno stato ordinato ad uno disordinato la sua entropia aumenta.
Nel Sistema Internazionale si misura in joule su Kelvin(J/K).
Il concetto di entropia venne introdotto agli inizi del XIX secolo, nell'ambito della
termodinamica, per descrivere una caratteristica (la cui estrema generalità venne osservata per la prima volta da Sadi Carnot nel 1824) di tutti i sistemi allora conosciuti nei quali si osservava che le trasformazioni avvenivano invariabilmente in una direzione sola, ovvero quella verso il massimo disordine.
Il concetto di entropia venne introdotto agli inizi del XIX secolo, nell'ambito della
termodinamica, per descrivere una caratteristica (la cui estrema generalità venne osservata per la prima volta da Carnot nel 1824) di tutti i sistemi allora conosciuti nei quali si osservava che le trasformazioni avvenivano invariabilmente in una direzione sola, ovvero quella verso il massimo disordine.

In particolare la parola entropia venne introdotta per la prima volta da Rudolf Clausius nel suo Abhandlungen über die mechanische Wärmetheorie (Trattato sulla teoria meccanica del calore), pubblicato nel1864. In tedesco, Entropie, deriva dal greco εν, "dentro", e da τρoπή, "cambiamento", "punto di svolta", "rivolgimento" (sul modello di Energie, "energia"): per Clausius indicava quindi dove va a finire l'energia fornita ad un sistema. Propriamente Clausius intendeva riferirsi al legame tra movimento interno (al corpo o sistema) ed energia interna o calore, legame che esplicitava la grande intuizione del secolo dei Lumi, che in qualche modo il calore dovesse riferirsi al movimento di particelle meccaniche interne al corpo. Egli infatti la definiva come il rapporto tra la somma dei piccoli incrementi di calore, divisa per la temperatura assoluta durante l'assorbimento del calore.
Per chiarire maggiormente il concetto di entropia possiamo presentare alcuni esempi:
· Si pensi di far cadere una gocciolina d'inchiostro in un bicchiere d'acqua: quello che si osserva immediatamente è che, invece di restare una goccia più o meno separata dal resto dell'ambiente (che sarebbe uno stato completamente ordinato), l'inchiostro inizia a diffondere e, in un certo tempo, si ottiene una miscela uniforme (stato completamente disordinato). É esperienza comune che, mentre questo processo avviene spontaneamente, il processo inverso (separare l'acqua e l'inchiostro) richiederebbe energia esterna.
· Immaginiamo un profumo contenuto in una boccetta colma come un insieme di molecole puntiformi dotate di una certa velocità derivante dalla temperatura del profumo. Fino a quando la boccetta è tappata, ossia isolata dal resto dell'universo, le molecole saranno costrette a rimanere all'interno e non avendo spazio (la boccetta è colma) rimarranno abbastanza ordinate (stato liquido). Nel momento in cui la boccetta viene stappata le molecole della superficie del liquido inizieranno a staccarsi dalle altre ed urtando casualmente tra di loro e contro le pareti della boccetta usciranno da questa disperdendosi all'esterno (evaporazione). Dopo un certo tempo tutte le molecole saranno uscite disperdendosi. Anche se casualmente qualche molecola rientrerà nella boccetta il sistema complessivo è ormai disordinato e l'energia termica che ha messo in moto il fenomeno dispersa e quindi non più recuperabile.
L'entropia S come funzione di stato venne introdotta nel 1864 da Rudolf Clausius nell'ambito della termodinamica come
ΔS = ΔQrev/T
dove ΔQrev è la quantità di calore assorbito in maniera reversibile dal sistema a temperatura T.
In forma differenziale, la legge si presenta così:
ds = δQrev/T
È da notare come, mentre δQrev non è un differenziale esatto, dividerlo per la temperatura T lo rende tale:
1/T è dunque il fattore d'integrazione.
In una delle sue diverse formulazioni, il secondo principio della termodinamica afferma che in un sistema isolato l'entropia può solo aumentare, o al limite rimanere costante per trasformazioni termodinamiche reversibili.

Il collegamento che segue, permette di approfondire diverse definizioni di entropia.
http://it.wikipedia.org/wiki/Entropia_(termodinamica)#Definizione_termodinamica


3.5. Energia ed entropia
Assumendo che l'intero universo sia un sistema isolato - ovvero un sistema per il quale è impossibile scambiare materia ed energia con l'esterno - il primo ed il secondo principio della termodinamica possono essere riassunti da un'unica frase: “l'energia totale dell'universo è costante e l'entropia totale è in continuo aumento”, che valida per qualsiasi sistema isolato.
In altre parole ciò significa che non solo non si può né creare né distruggere l'energia, ma nemmeno la si può completamente trasformare da una forma in un'altra senza che una parte venga dissipata sotto forma di calore.
Se per esempio si brucia un pezzo di carbone, la sua energia si conserva e si converte in energia contenuta nell'anidride carbonica, nell'anidride solforosa e negli altri residui di combustione oltre che naturalmente in forma di calore. Per quanto non si sia persa energia nel processo, sappiamo che non possiamo invertire il processo di combustione e ricreare dai suoi scarti il pezzo di carbone originale.
La spiegazione si trova nel secondo principio della termodinamica che può così essere parafrasato:
“ogni volta che una certa quantità di energia viene convertita da uno stato ad un altro si ha una penalizzazione che consiste nella degradazione di una parte dell'energia stessa in forma di calore, in particolare questa parte non sarà più utilizzabile per produrre lavoro.”
Lo stato in cui l'entropia raggiunge il massimo livello e non vi è più energia libera disponibile per compiere ulteriore lavoro è detto stato di equilibrio. Per l'intero universo concepito come sistema isolato ciò significa che la progressiva conversione di lavoro in calore, per il principio di aumento dell'entropia totale che, a fronte di una massa dell'universo finita, porterà infine ad uno stato in cui l'intero universo si troverà in condizioni di temperatura uniforme; la cosiddetta morte termica dell'universo.
L'entropia caratterizza il verso di qualunque trasformazione reale come trasformazione irreversibile: infatti anche tornando da uno stato finale a uno identico allo stato iniziale (per temperatura, volume, pressione o altri parametri, come continuamente avviene nei cicli di una centrale) almeno una variabile fisica differirebbe dal punto da cui si è partiti, l'entropia (che inevitabilmente aumenta).
Ogni trasformazione reale è una trasformazione irreversibile perché l'entropia aumenta; l'ipotesi di idealità equivale appunto all'ipotesi di una variazione d'entropia nulla.
La figura sotto schematizza il fatto che tutti i processi naturali generano entropia, essendo l’entropia una misura del disordine e che i sistemi evolvono verso gli stati di massima probabilità termodinamica.

UNITA' DIDATTICA 4: I CICLI TERMODINAMICI

4.1. La macchina termica
Per macchina termica in termodinamica si intende quel dispositivo in grado di convertire la variazioni di temperatura/volume/pressione di un fluido in lavoro. La macchina termica più semplice che si possa concepire è formata da una sorgente di calore T1, un pozzo di calore T2 e un sistema termodinamico progettato in modo da trasformare le variazioni di volume del sistema in lavoro (per esempio un pistone).
Il funzionamento standard di una macchina termica si può schematizzare in pochi essenziali passaggi:
· Il fluido contenuto nel sistema assorbe il calore dalla sorgente più calda T1.
· In conseguenza di ciò, all'aumentare della temperatura il volume aumenta (siamo in presenza di una trasformazione isobara).
· L'aumentare del volume spinge un pistone verso l'alto. Si trasforma così una variazione di volume in lavoro meccanico.
· Naturalmente, per una buona efficienza della macchina, la temperatura non può continuare ad aumentare, altrimenti il pistone salirebbe soltanto, vanificando il lavoro. Per ovviare a ciò il calore assorbito in precedenza viene rilasciato in un pozzo termico, ovvero una sorgente di calore con una temperatura costantemente più bassa rispetto a T1.
· Il volume diminuisce nuovamente e si è pronti per un nuovo innalzamento della temperatura.
Siamo così in presenza di una macchina ciclica la quale è la macchina termica più efficiente nel produrre lavoro. Ovviamente la macchina non può continuare a reiterare il processo per sempre: l'entropia aumentando renderà in poco tempo la macchina sempre meno efficiente.

4.2. I cicli termodinamici
Tutte le relazioni termodinamiche usate nell'ingegneria sono derivate dal primo e dal secondo principio della termodinamica. Grande importanza hanno nella termodinamica i cicli, cioè le trasformazioni che fanno tornare il sistema allo stato iniziale dopo un certo numero di stadi, in modo che tutte le variabili termodinamiche importanti assumano al termine del processo i valori di partenza. L'energia interna di un sistema dipende solo da queste variabili e pertanto non varia in una trasformazione ciclica. Di conseguenza, il calore complessivo fornito al sistema deve uguagliare il lavoro complessivo compiuto da esso.
Una trasformazione ciclica è una trasformazione che riporta il sistema allo stato iniziale. Poiché in una trasformazione ciclica la temperatura finale coincide con quella iniziale, la variazione di energia interna, ΔU, è uguale a zero e quindi il lavoro fatto durante il ciclo è uguale al calore scambiato per il primo principio della termodinamica.




Una macchina termica perfetta dovrebbe trasformare tutto il calore assorbito in lavoro, compiendo un ciclo ideale. Nel XIX secolo lo scienziato francese Sadi Carnot dimostrò che qualunque macchina termica dissipa parte del calore assorbito e che dal secondo principio può essere dedotto un limite superiore al rendimento delle macchine termiche; tale limite è inferiore al 100%.
Nei paragrafi che seguono si riportano alcuni esempi di cicli termodinamici ideali.

4.3. Il ciclo di Carnot
Il recipiente con il pistone che contiene il gas ha tutte le pareti che non conducono il calore, mentre il fondo è un conduttore ideale. Posto sulla sorgente calda (a temperatura fissa) il gas riceve calore ed si espande isotermicamente. In un secondo tempo il recipiente viene termicamente isolato e continua ad espandersi adiabaticamente. Poi il recipiente viene posto sulla sorgente fredda (a temperatura fissa) e il gas cede calore in una trasformazione isoterma. Il ciclo si chiude con una seconda trasformazione adiabatica che lo riporta allo stato di partenza.



Si riportano, di seguito, le fasi che costituiscono il ciclo di Carnot.

(a) Espansione isoterma
Il sistema si trova all'inizio nello stato A, alla temperatura Tc. A questo punto si mette a contatto con una sorgente di calore alla temperatura Tc. La macchina assorbe il calore Qc, compie lavoro espandendosi, mentre diminuisce la pressione esercitata dal pistone sul gas.

(b) Espansione adiabatica
Giunto allo stato B, il gas viene isolato adiabaticamente, continua a espandersi (facendo ancora lavoro utile) mentre diminuisce la pressione. Viene percorsa l'espansione adiabatica BC, al termine della quale il sistema si porta alla temperatura Tf minore di Tc.

(c) Compressione isoterma
Partendo dallo stato C si aumenta la pressione (facendo dall'esterno lavoro sul sistema) mentre il gas è in contatto con una sorgente di calore alla temperatura Tf. Si tratta della compressione isoterma CD nel corso della quale il gas cede il calore Qf alla sorgente.

(d) Compressione adiabatica
Per concludere il ciclo è necessario ritornare allo stato A. Si isola termicamente il gas e si diminuisce la pressione (ancora lavoro negativo). Si tratta della compressione adiabatica DA, che riporta il sistema nelle condizioni iniziali.


4.4. Il ciclo di Otto (motore a scoppio)
Il primo tempo (aspirazione) corrisponde al tratto orizzontale percorso da sinistra verso destra che rappresenta un'espansione isobara
nel secondo tempo (compressione) la temperatura sale ed il volume scende (adiabatica)il terzo tempo (combustione) dal punto di vista termodinamico consiste in un aumento della pressione a volume costante (isocora) dovuto allo scoppio della scintilla seguito da una espansione adiabatica in cui la temperatura scende
il quarto tempo (scarico) consiste nell'abbassamento di pressione dovuto all'apertura della valvola di scarico (isocora) e nell'espulsione del gas da parte del pistone (tratto a pressione costante percorso da destra verso sinistra).

Il collegamento che segue permette un approfondimento sul ciclo di Otto.
http://it.wikipedia.org/wiki/Ciclo_Otto

4.5. Il ciclo del motore Diesel
A differenza del motore Otto, la combustione avviene gradualmente, a pressione costante (isobara).

Il collegamento che segue permette un approfondimento sul ciclo del motore Diesel
http://it.wikipedia.org/wiki/Ciclo_Diesel


4.6. Ciclo di una macchina frigorifera o pompa di calore
Un gas compresso adiabaticamente dal compressore cede calore a pressione costante ad un liquido refrigerante che attraversa passando in una serpentina. Poi si riespande adiabaticamente, raffreddandosi fino ad una temperatura inferiore a quella con cui era entrato nel compressore. A questo punto lo si fa passare nell'ambiente che si vuole raffreddare: si riscalda di nuovo a pressione costante asportando calore e tornando così nelle condizioni in cui era inizialmente ed il ciclo ricomincia.

Il collegamento che segue permette un approfondimento sulla pompa di calore.

http://it.wikipedia.org/wiki/Pompa_di_calore


4.7. Le macchine termiche e il teorema di Carnot
Una macchina termica è un dispositivo che permette di ottenere lavoro meccanico, utilizzando il calore ottenuto da una sorgente calda.
In figura abbiamo lo schema di funzionamento di una generica macchina termica.



La macchina riceve, ad ogni ciclo, la quantità di calore Q2 prodotta da una sorgente calda (alla temperatura di T2 gradi Kelvin); questa quantità di calore viene in parte trasformata in lavoro meccanico L e, per la parte rimanente, viene dissipata nel refrigerante (alla temperatura di T1 gradi Kelvin). Il principio di conservazione dell'energia (il I principio della termodinamica) ci dice che:
L= Q2-Q1
Il rendimento di una macchina termica è il rapporto tra il lavoro prodotto dalla macchina (L) e l'energia disponibile (in questo caso il calore Q2), quindi:
η = L/Q2 = (Q1-Q2)/Q2 = 1 – Q1/Q2
Da questa relazione si capisce che il rendimento potrebbe essere uguale ad 1 solamente a patto che Q1=0; questa condizione equivarrebbe alla completa trasformazione del calore Q2 in lavoro L senza alcuna dissipazione nel refrigerante: insomma, se la sorgente calda produce 1000 cal, la macchina ci restituisce 4186 J. Ci piacerebbe!
Chi, per primo e più di ogni altro, si occupò del rendimento delle macchine termiche fu Sadi Carnot. Carnot, quando ancora la teoria del "calorico" non era stata abbandonata, nel 1824 pubblicò la sua analisi teorica delle macchine termiche. Il risultato più importante del suo lavoro è quello che oggi chiamiamo Teorema di Carnot, eccolo:
η = 1 – Q1/Q2 ≤ 1 – T1/T2
dove il segno di uguale vale per macchine ideali.
Questa relazione può essere riscritta in molti modi:
· Perchè si possa ottenere lavoro meccanico,con rendimento maggiore di 0, bisogna disporre di una sorgente calda e di una fredda, insomma di una differenza di temperatura. Se T1=T2, infatti, il rendimento sarebbe nullo.
· Il rendimento è tanto più grande quanto più piccolo è il rapporto tra la temperatura assoluta T1 del refrigerante e la temperatura assoluta T2 della sorgente calda.
· Una macchina termica reale avrà comunque un rendimento minore di 1.
· Una macchina termica ideale potrebbe avere rendimento=1 solo a patto che la temperatura T1 del refrigerante sia lo zero assoluto. Quindi, essendo lo zero assoluto un limite teorico, neppure una macchina termica ideale può avere un rendimento=1, può cioè trasformare integralmente il calore Q2 in lavoro L.
Il teorema di Carnot costituisce una delle formulazioni del secondo principio della termodinamica. Clausius partirà anche da questa formulazione per giungere nel 1868 all'unificazione delle varie forme del secondo principio della termodinamica in un solo principio: quello della non-conservazione dell'entropia.
Dalla metà del secolo XVIII fino ai nostri giorni, i motori hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo industriale. Un motore termico è una macchina che riceve calore ottenuto dalla combustione di carburante e lo trasforma, in parte, in lavoro. Il funzionamento di un motore si basa sempre su un ciclo termodinamico.
Non esiste solo il ciclo teorico di Carnot, anche i motori reali (dalla macchina a vapore, al motore a scoppio, al motore diesel, al frigorifero...) si basano sui cicli termodinamici.

ESERCIZI SVOLTI

Esercizio 1

Si consideri un subacqueo zavorrato sul fondo del mare ad una profondità di 20 m .
La sua capacità polmonare sia di V1 = 6 l .
Dopo aver inspirato tale volume d’aria dalla bombola, egli risalga in superficie levando le zavorre che lo tengono ancorato.
Si assuma, inoltre, che la pressione dell’aria uscente dall’erogatore con p1sia pari a quella dell’ambiente in cui si trova.
Determinare il volume dell’aria nei polmoni V2 del sub risalito a galla e il valore della forza di galleggiamento dello stesso.

Soluzione

Conformiamo le unità di misura dei dati a quelle del SI :
p2 = 10 ^5 Pa
V1 = 6∙1 0^-3 m^3 .
La pressione con cui l’aria esce dal respiratore è pari a quella presente nell’ambiente 1; essa è data dalla somma fra la pressione atmosferica e quella dovuta alla ipotetica colonna d’acqua di 20 m .
Visto che una colonna d’acqua alta 10,3 m esercita una pressione di 1 bar, la pressione dovuta all’acqua è circa di 2 bar, perciò:
p1 = 2∙10 ^ 5 + 10 ^5 = 3∙10 ^ 5 Pa
Supponendo che la temperatura corporea rimanga costante, possiamo considerare i polmoni del sub un sistema chiuso in cui avviene una trasformazione isotermica:
p∙V = cost
p1∙V1 = p2∙V2
e il volume in 2 sarà:
V2 = 3∙10 ^ 5 ∙ 6 ∙10 ^-3 /10 ^ 5 = 18∙10 ^ -3 m ^ 3
Dato che il peso specifico dell’acqua è rAcq.= 1000 kg/m3 e dato che la forza di galleggiamento è pari al peso del liquido spostato (Archimede), si ha:
Fg = M ∙ g = V2 ∙ ρacq. ∙g = 18 ∙ 1 0^ -3 ∙1000 ∙ 9,81 = 176,58 N
Naturalmente il sub muore per l’eccessivo aumento di volume dei suoi polmoni.


Esercizio 2


Un recipiente chiuso a pareti rigide e indeformabili contiene 500 g di ossigeno ad una pressione di 1,5 bar e ad una temperatura di 27 ° C.
Se a tale sistema vengono forniti 80 kJ di calore determinare il volume del recipiente, la temperatura e la pressione del gas alla fine della trasformazione e la variazione di energia interna subita dal gas.

Soluzione

Poiché
1 bar =10 5 N/m ^2
la pressione del gas è:
p1 = 1.5 ∙10 5 N/m^ 2
Dall’equazione di stato dei gas perfetti
P1∙v1 = R∙T1
Ricaviamo
v 1= 0,52 m^3 /kg
in cui per l’ossigeno è R=260 J/(Kg K) e T1= t°C + 273 = 300
Calcoliamo la massa volumica dell’ossigeno ρ =1/v1 =1.923 kg/m^3
La massa di ossigeno è data da: m= ρ V da cui il volume del recipiente occupato dal gas è:
V= m / ρ =0,26 m^3
Dalla formula del calore fornito al gas : Q = m cv (t2-t1) ricaviamo t2
t2 = 273,5 °C essendo cv = 649 J/(kg °C)
Poichè la trasformazione avviene in un serbatoio chiuso è isocora e la sua equazione è:
P/ T = cost
Ricaviamo la pressione finale del gas :
P2 = 273250 N/m^2 = 2,73 bar assoluti

Il primo principio della termodinamica è:
Q = L + U2 – U1 e poiché L = 0 (volume costante) si ha la variazione di energia interna :
ΔU = Q= 80 kJ

MODALITA' DI VERIFICA E RECUPERO

Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi, previsti dal modulo, gli studenti sosterranno interrogazioni comprendenti anche esercizi di calcolo da svolgersi alla lavagna. Al termine del modulo, inoltre, sarà somministrata alla classe una verifica sommativa sulla base di esercizi simili a quelli precedentemente proposti. L'eventuale recupero, per gli alunni che non hanno mostrato il raggiungimento degli obiettivi, avverrà per mezzo di verifiche orali e scritte.

BIBLIOGRAFIA

Corso di Meccanica Fluidi 2, di Giuseppe Anzalone, Paolo Bassignana, Giuseppe Brafa Musicoro, Hoepli, 2005, Milano

Macchine, di Renato della Volpe, Liguore Editore, 1994, Napoli

Termodinamica Industriale, di Carlo Alberto Coralli, Hoepli, 1946, Milano

Meccanica e Macchine, di Enzo Bombardieri, Cappelli Editore, 1999, Perugia